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za fumante si discuteva negli intervalli degli impegni quotidiani. Un’abi-
tudine che oggi sembra rinnovarsi nel nome di Claudio Magris.
Ma non è stato e non è solo il costume di un’élite, perché coinvolge
tutti in vario modo ed è questa la sua principale qualità. In una città che
tradizionalmente non vede facilmente aprirsi le porte delle case private,
oasi di privata discrezione, la rete dei caffè e quella più popolare dei bar
rionali, delle latterie-caffè, creano ancora oggi un sistema di socialità
quanto mai vivace e di fondamentale importanza civile. Ecco uno spazio
utile per incontrare amici, per scorrere in pace un giornale o un libro, per
giocare con gli amici agli scacchi o alle carte, od ancora per assapora-
re in solitudine i propri pensieri pur senza escludersi dal mondo, anzi
contemplandolo distaccati: tutto questo può essere provato da chi sa
godere dell’atmosfera di questi luoghi. Nessuno è solo, ma nessuno è
obbligato a rinunciare alla sua privatezza. Chiunque può sedersi e sen-
tirsi parte di questo mondo, senza distinzioni di ceto o di altro. No ai
circoli separati ed elitari, solo comunanza di scelta, di gusto. L’affetto
per il caffè ha generato anche un particolare e complicato codice lingui-
stico per designare i molteplici modi per preparalo e degustarlo, cosa
che spiazza o diverte ogni visitatore e ha creato un gergo in continua
evoluzione.
Molti degli antichi e nobili caffè si sono persi, trasformati e cancellati
dal mutare dei costumi, ora più votati al consumo veloce, alla comuni-
cazione virtuale. È scomparso il bel locale del caffè Ferrari ai Portici di
Chiozza, che era vicino all’importante piazza della Legna, oggi Goldo-
ni, centro di scambi commerciali di rilievo. Sotto il Municipio si apriva
il caffè omonimo, poi chiamato Garibaldi con baldanzosa foga irreden-
tista, dove si incontravano letterati e intellettuali, oltre che politici, la
cui eredità solo in parte è stata perpetuata nell’attuale caffè d’ango-
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