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Sapori di caffè, di dolci e scorrere di parole
di Giovanna Paolin
Sedersi al caffè, vedersi al caffè, stare al caffè, sono tutti modi di dire
quanto mai comuni a Trieste. Questi luoghi di degustazione e di in-
contro sono nati con l’arrivo in Europa del nero infuso conosciuto gra-
zie all’incontro, non sempre pacifico, con il modo turco. Da Venezia e
da Vienna l’uso di questa bevanda corroborante portò all’apertura di
botteghe dove assaporarla, dove trovare momenti di pausa e poter
intrecciare rapporti sociali di ogni genere. A Trieste fin dalla metà del
Settecento, grazie soprattutto ai greci, iniziò l’avventura del caffè, ricco
commercio e insieme consuetudine di vita.
I caffè fino al primo conflitto mondiale erano numerosissimi e costitu-
ivano una preziosa rete di luoghi deputati ai più vari bisogni. Chiunque
trattasse affari, importanti o no, faceva capo ad un caffè, ove si poteva
discutere, incontrare, farsi conoscere. Erano luoghi conosciuti, recapiti
per professionisti di diverso livello e per molteplici categorie, ma an-
che accoglienti spazi per scorrere i giornali, per rilassarsi, giocare con
gli amici e discutere di politica, di economia o letteratura. Imprenditori,
finanziari e politici tra il fumo di sigari e sigarette dipanavano i propri
incontri.
Di questi antichi ritrovi ora sono rimasti solo pochi ancora quasi intatti,
ma è sopravvissuto qualcosa di importante nel modo locale di vivere.
Chiusa ormai l’antica opulenza dei traffici e delle imprese, nel Novecen-
to il caffè fu piuttosto uno spazio amicale per gli incontri di intellettuali,
di letterati, come Stuparich, Bazlen o Saba. Tra una sigaretta e una taz-
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